I Congressi dei maniscalchi

Tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento il maniscalco, all’interno dell’ambito economico produttivo, occupava una posizione la cui importanza era corrispondente al ruolo del cavallo in quanto “motore animato”. Nell’anno dell’Unità d’Italia il numero di maniscalchi censiti nel Regno era praticamente doppio rispetto a quello dei medici veterinari. Alla diffusione della professione non corrispondeva però un solido sistema formativo, che consentisse anche una crescita culturale degli operatori, fatto salvo quello militare attraverso la scuola di Pinerolo. Per tale ragione il Ministero dell’Agricoltura sul finire dell’Ottocento cercò di attivare una serie di attività formative che, tuttavia, ebbero alterni successi. Degna di nota in quel periodo la scuola istituita, nel 1911, a Firenze e che fu, forse, l’unica scuola teorico – pratica, nel Regno, per maniscalchi civili che al termine dei corsi, della durata di circa tre mesi, rilasciava il diploma di abilitazione all’esercizio della mascalcia. Momenti di grande visibilità per la classe dei maniscalchi furono i congressi nazionali, il primo a Firenze nel Salone dei Duecento a Palazzo Vecchio – il 28 e 29 novembre 1909 ed il secondo a Roma – in Castel Sant’Angelo – dal 20 al 23 luglio 1911, ai quali parteciparono anche eminenti medici veterinari, ippiatri, rappresentanti ed esperti della mascalcia. Risale a quel periodo la pubblicazione de LEco dei Maniscalchi, giornale della Federazione fra i Maniscalchi d’Italia, la cui direzione e amministrazione aveva sede in Firenze.

L’immagine del dipinto di John S. Noble, ben descrive quella che poteva essere la condizione lavorativa di una parte dei maniscalchi.

John Sargent Noble – At the Blacksmith’s, 1883 (www.pinterest.com)

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