Peste suina africana: malattia recente dal nome antico

Il nuovo anno ha portato con sé la segnalazione di un focolaio di peste suina africana in Italia, in una zona a cavallo tra la provincia di Alessandria e quella di Genova. Si tratta di una malattia altamente contagiosa per i suini, sia domestici sia selvatici, la cui mortalità è altissima. Di qui la grande preoccupazione degli allevatori e l’adozione delle norme di polizia veterinaria che possono arrivare fino all’abbattimento degli animali sospetti infetti e di contaminazione. Il nome di peste suina, africana per distinguerla da quella classica che riconosce un agente virale diverso, incute angoscia e preoccupazione e, ad oggi, non esiste vaccinazione e tanto meno cura. Colpisce solo i suidi ed al momento, fortunatamente, non risultano focolai in allevamenti della zona che sono sotto stretta sorveglianza. L’aggettivo “africana” deriva dal fatto che la prima segnalazione, giusto un secolo fa nel 1921, avvenne in Kenia ad opera di Eustace Montgomery che riportò i dati di una serie di osservazioni condotte tra il 1909 ed il 1915: il 98,9 percento dei suini ammalati morì. Il primo focolaio in Europa risale al 1957 nei pressi di Lisbona e di qui, negli anni a venire, penetrò dapprima in Spagna (1960) poi in Francia (1964) e quindi in Italia (1967) e per fare la sua comparsa a metà degli Anni 80 in Belgio (1985) e Olanda (1986). Dal 1995 nella penisola iberica non ci sono più state segnalazioni e la malattia, a fronte di enormi sforzi, risulta eradicata. In Italia la situazione appare particolare, la malattia risulta infatti endemica Sardegna, dove ha fatto la sua comparsa nel 1978. All’osservatore attento non sarà sfuggito che al momento di rientrare da un soggiorno in Sardegna siamo redarguiti dall’avviso di divieto tassativo di portare con noi carni di suino e prodotti derivati. Il virus, altamente resistente, potrebbe diffondersi anche attraverso questi prodotti. Ma come era arrivato la prima volta il virus in Sardegna? Il primo focolaio fu individuato presso un piccolo allevamento di 39 animali a circa dieci km da Cagliari. Il sospetto è che fosse penetrato attraverso l’uso di scarti alimentari, somministrati ai suini, raccolti, nonostante il divieto, da qualche nave attraccata in porto e proveniente da una zona in cui la malattia era già presente. Nel brevissimo periodo e nonostante il pronto intervento dei servizi veterinari la malattia si propagò ad un vicino allevamento brado. Da quel momento la malattia si diffuse approfittando delle condizioni orografiche e della consistente presenza di cinghiali e porcastri in libertà. Va comunque sottolineato che da alcuni anni in Sardegna non ci sono più state segnalazioni di focolai della malattia e quindi la situazione va migliorando. Per contro, dal 2007 in Europa, la malattia ha avuto una netta recrudescenza e ha ripreso ad avanzare non più da Ovest verso Est bensì attraverso la Georgia da dove è giunta dalla Cina. L’avanzamento da Est al momento sembra inarrestabile. Focolai di peste suina africana tra il 2018 ed il 2019 hanno interessato tutti i Paesi dell’Europa orientale e la Grecia (2020) e non solo essendo comparsa nel 2021 in Germania dove sono stati individuati oltre 3000 cinghiali colpiti, e ora, ultima in ordine cronologico, in Italia. Come il virus sia arrivato nell’Appenino ligure-piemontese al momento non è noto, ma è difficile escludere l’interferenza umana. Dal punto di vista epidemiologico si tratta del sierotipo II diverso quindi dalla forma endemica in Sardegna che si identifica nel sierotipo I. Non rimane che confidare che, sulla scorta della recente esperienza acquisita con la messa a punto dei vaccini mRNA, si possa rapidamente disporre di un vaccino sicuro ed efficace anche contro la peste suina africana.

Paul GauguinLe gardien de porcs, Bretagne
1888
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